Disagi alimentari in età infantile
Nell’ambito delle manifestazioni di interesse clinico che riguardano i disordini dell’alimentazione, una prima ripartizione diagnostica riguarda la distinzione tra disagi e disturbi alimentari.
Tra i disagi alimentari si collocano quadri tendenzialmente non gravi, generalmente transitori, tuttavia già indicativi di un malessere che il bambino mette in atto con una certa sistematicità attraverso condotte alimentari che turbano il rapporto con i genitori. Nel momento dedicato alle cure mediate dall’offerta di cibo, attraverso condotte eccessive, bambino trasferisce uno stato di turbamento nella relazione con gli accudenti, inducendo in loro dispiacere e preoccupazione, senso di inadeguatezza, reazioni di collera finanche stati di angoscia.
I disagi alimentari infantili più comuni possono manifestarsi in diverse forme, alcune delle quali vengono illustrate di seguito.
Rigida selettività nella scelta dei cibi. Il bambino si alimenta pretendendo una gamma ristretta di cibi, sempre gli stessi (ad esempio accetta solo pane, patate fritte, pizza, latte e biscotti…). Quando il genitore tenta di ampliare la gamma di cibi il bambino reagisce con opposizione e disgusto.
Bizzarrie alimentari. Alcuni bambini possono rifiutare il cibo non in base ai gruppi alimentari (cereali, frutta e ortaggi, latticini, carni) ma in riferimento in a caratteristiche sensoriali come il colore, la consistenza, la presentazione.
Condotte di evitamento in riferimento a cibi particolari. Il bambino rifiuta un cibo che associa ad una esperienza spiacevole. Spesso è possibile individuare l’evento che è motivo di ansia o la persona che il bambino teme ed alla quale ha associato quel particolare alimento: ad esempio il bambino rifiuta un alimento che associa all’insistenza con la quale è stato proposto da un parente oppure che gli ricorda l’episodio di un grave litigio familiare, oppure il bambino rifiuta un cibo che ha provocato un avvelenamento alimentare o episodi di diarrea e vomito in pubblico nei quali si è sporcato di fronte ad altre persone. Questo disturbo si manifestare anche con la paura di deglutire o di soffocare in riferimento ad un episodio in cui un pezzo di cibo è “andato per traverso”.
Rifiuto selettivo correlato al contesto. I bambini con questo disturbo si rifiutano di mangiare in specifiche situazioni o in presenza di determinate persone, ad esempio potrebbero rifiutarsi di mangiare a scuola ma mangiare normalmente a casa, oppure se i genitori sono separati potrebbero mangiare quando sono con la madre e rifiutarsi con il padre, o viceversa.
Restrizioni della quantità. Il bambino mangia cibi di vario tipo in quantità ridotta, non mostra grande appetito e particolare interesse nei confronti del cibo. Il bambino appare magro, ma il peso rientra nella norma.
Inappetenza secondaria. Talvolta l’inappetenza infantile non costituisce un disturbo a sé stante, ma è un sintomo secondario ad alterazioni del tono dell’umore.
Avidità. Il bambino si alimenta con voracità estrema, tendendo a sottrarre il cibo agli altri.
Iperfagia. Il bambino insiste nel richiedere quantità di cibo eccedenti il suo fabbisogno calorico. Ad esempio chiede la seconda porzione, insiste nel consumare merendine, dolci ed altri alimenti ipercalorici.
Disordine nella partecipazione ai pasti. Il bambino assume una condotta alimentare insistentemente non rispettosa degli orari consueti dei pasti e dei ritmi biologici.
In genere, i disagi alimentari possono.
All’ampia diffusione di queste forme di malessere che insorgono già precocemente in età infantile si accompagnano a letture semplicistiche ancora circolanti nell’immaginario collettivo. Attraverso questi intendimenti ingenui, le manifestazioni di disagio alimentare del bambino vengono considerate solo come espressioni di comuni disfunzioni della regolazione fisiologica o come alterazioni insignificanti dell’appetito, oppure ancora come effetto di affezioni morali del bambino, capricci o vizi dovuti a cattive abitudini o “maleducazione”.
L’attenzione ai disagi alimentari da parte degli operatori della clinica infantile viene legittimato a partire da un’ottica preventiva a tutela della salute del bambino e nello stesso tempo rispettosa delle posizioni soggettive particolari di coloro che sono implicati nei processi di educazione alla crescita.
L’ottica preventiva si fonda innanzitutto su una considerazione empirica: le espressioni di disagio alimentare infantile fanno segno di un precoce malessere soggettivo che può manifestarsi transitoriamente nel corso di passaggi evolutivi critici e che, se non viene accolto preventivamente in un discorso che produca delle elaborazioni soggettive da parte di ciascun interprete implicato nella complessa vicenda umana, può anche esitare nella successiva strutturazione di un franco disturbo del comportamento alimentare. Diversamente dai disturbi dell’alimentazione, le manifestazioni di disagio alimentare non comportano significativi motivi di preoccupazione per il peso e non si accompagnano ad importanti fenomeni di distorsione dell’immagine del corpo.
Una lettura clinica del fenomeno si propone di collocare le espressioni di malessere infantile, ovvero nel tempo in cui il bambino non è ancora pienamente grado di parlare articolando un proprio discorso, all’interno della struttura significante del discorso familiare. Ne scaturisce un approccio orientato alla ricerca del senso del malessere reperibile nel sistema di relazioni familiari, nella storia ed anche nella particolarità delle posizioni genitoriali.
Il trattamento dei disagi alimentari interessa una clinica preventiva, che riduca il rischio dell’eventuale strutturazione di un successivo quadro psicopatologico più complesso, preoccupante, e di difficile trattamento. L’interesse per le manifestazioni di disagio alimentare precoce, sempre più diffuse nei tempi attuali, trova riscontro nell’ambito di percorsi clinicamente orientati, anche relativamente brevi, nella prospettiva di interrogare la relazione tra il bambino e gli accudenti di riferimento, supportando in modo particolare la madre alle prese con le trasformazioni evolutive del bambino.